Non solo Piano Mattei: l'Italia punta a diventare l'hub energetico del Mediterraneo

 

Energia Italia Africa - Foto di Christian ReinkeDa tempo si parla delle potenzialità dell’Italia come hub energetico d’Europa, tema portato alla ribalta dal cosiddetto “Piano Mattei”, un progetto di cooperazione che unisce a filo doppio Italia e Algeria e che la premier Giorgia Meloni definisce “un modello di sviluppo, anche per l'Africa”. La posizione strategica della penisola ci permette infatti di giocare un ruolo di primo piano nella costruzione di un nuovo mercato del gas e dell’idrogeno pulito tra le due sponde del Mediterraneo.

Italia quinta in Europa per brevetti sull’idrogeno

“Sfruttando la sua posizione geografica, la sua vasta rete infrastrutturale e un solido know-how scientifico e progettuale, l’Italia potrà assumere un ruolo baricentrico tra il Sud e il Nord dell’area Euro-Mediterranea. Potrebbe cioè diventare un hub di collegamento per il trasporto e la distribuzione dell’idrogeno”.

Lo diceva già nel 2021 il MED & Italian Energy Report - una ricerca annuale frutto della collaborazione tra SRM (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo) e l’ESL@Energy Center del Politecnico di Torino, quest’anno intitolato “The new game of hydrogen in the Euro Mediterranean region”.

Da anni i leader del settore energia sostengono che la Penisola, per la sua posizione strategica al centro del Mediterraneo, può fare la differenza diventando un “ponte” tra il sud dell'area e il resto d'Europa.

Se ne parlava anche nel 2020 nello studio "H2 Italy 2050", realizzato da The European House-Ambrosetti per Snam. La posizione geografica e la presenza sul territorio nazionale di una rete gas per il 70% già pronta al trasporto potrebbero fare del Paese un hub europeo e del Mediterraneo per l’idrogeno. 

Ora l’idea di fare del Belpaese un nodo strategico del Mediterraneo torna prepotentemente alla ribalta con il cosiddetto Piano Mattei. 

L'Italia vuole diventare l'hub energetico del Mediterraneo 

“Quando parliamo di piano Mattei parliamo di un modello di sviluppo, anche per l'Africa”, ha dichiarato Giorgia Meloni nel corso della conferenza stampa con il presidente algerino Tebboune per celebrare il ventesimo anniversario della firma del Trattato di Amicizia, cooperazione e buon vicinato tra Italia e Algeria e sottolineare l'eccellenza delle relazioni tra i due Paesi. 

Relazioni che Meloni, seguendo la linea tracciata prima di lei dall’ex premier Mario Draghi, intende rendere ancora più salde e stabili principalmente grazie all’energia. Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e i tagli alle forniture di gas russo, infatti, l’Algeria è diventato il primo fornitore di gas naturale dell’Italia passando da una copertura del 22% all’attuale 40% del fabbisogno energetico.

Ovvio quindi che il cosiddetto Piano Mattei, il progetto di una collaborazione con i Paesi africani per rendere l’Italia un hub energetico del Mediterraneo, parta proprio dall’Algeria. 

Gas e idrogeno: gli accordi firmati da Eni in Algeria

Ad Algeri insieme alla premier Giorgia Meloni c’era anche il numero uno di Eni Claudio Descalzi, che in occasione della visita ufficiale della presidente del consiglio ha siglato due memorandum di intesa con Sonatrach, azienda energetica di stato algerina.

Il primo dei due memorandum firmati da Descalzi e dall’omologo Toufik Hakkar punta a individuare congiuntamente le possibili attività per ridurre le emissioni di gas a effetto serra in Algeria, e le migliori tecnologie da utilizzare. L’Iintesa prevede inoltre progetti congiunti sulla riduzione delle emissioni di Co2 nelle strutture produttive di idrocarburi in Algeria.

Il secondo memorandum si focalizza invece sulla valorizzazione della rete di interconnessione energetica tra i due Paesi e mira a individuare le migliori opportunità per aumentare le esportazioni di energia dall’Algeria al nostro Paese. Come? Attraverso uno studio congiunto sull’incremento della capacità di trasporto del gas esistente, la realizzazione di un nuovo gasdotto anche per il trasporto di idrogeno, la posa di un cavo elettrico sottomarino e l’aumento della capacità di produrre gas liquefatto.

La geografia non basta: servono investimenti, infrastrutture e cooperazione

La posizione geografica, benché fondamentale, non basterà però all’Italia per accaparrarsi la leadership nella corsa all’idrogeno verde. Quello di cui ha bisogno sono innanzitutto investimenti adeguati e infrastrutture all’altezza.

Un piano per l’idrogeno già c’è, almeno a livello europeo: risale al luglio del 2020 e prevede che nei prossimi trent’anni vengano mobilitati quasi 500 miliardi di investimenti nell'idrogeno verde o rinnovabile. 

Nel frattempo gli investimenti annunciati e in arrivo si sono moltiplicati a vista d’occhio. Si pensi al progetto H2Med, il corridoio per l’idrogeno verde che collegherà la Penisola iberica alla Francia e permetterà così di esportare energia pulita in tutta Europa, annunciato lo scorso ottobre dai leader di Francia, Spagna e Portogallo al fianco della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

O si pensi alla Banca europea per l’idrogeno che la Commissione lancerà ufficialmente nel corso dell’anno per investire 3 miliardi di euro sul vettore energetico. 

Se l’Italia sarà in grado di giocare bene le sue carte, con l’idrogeno rinnovabile avrà non solo la possibilità di convertire impianti industriali oggi “critici” sotto il profilo ambientale ed economico, ma avrà l’occasione unica di diventare un player di riferimento nei nuovi equilibri energetici. Ma occorre accelerare su diversi fronti affinché ciò accada: vanno sbloccate le autorizzazioni agli impianti rinnovabili, accelerati gli investimenti infrastrutturali e formate le competenze necessarie.

Occhi puntati sull’Africa

L'interesse verso il vicino continente africano ovviamente non è solo italiano. “L'Africa ha il più grande potenziale non sfruttato per la produzione di energia rinnovabile. Trasformare l'energia pulita in idrogeno pulito potrebbe essere una soluzione per immagazzinare quell'energia, sia per venderla all'estero sia per alimentare la nascente industria africana”, diceva Ursula von der Leyen in apertura della European Hydrogen Week nel 2021. 

Non è certo la prima volta che i Paesi occidentali guardano, talvolta con fare neocolonialista, al potenziale inespresso dei Paesi nordafricani di generare enormi quantità di energia rinnovabile grazie al suo clima arido e alle vaste distese. Se fino a qualche anno fa si guardava al Nord Africa sopratutto per l’energia solare, ora è l’idrogeno verde che stuzzica gli interessi dei Paesi vicini. 

Un potenziale che Bruxelles conosce bene, per questo la stessa presidente della Commissione ha dato un’indicazione in tal senso: “ho proposto di investire nel settore in Africa, creando così un nuovo mercato dell’idrogeno pulito tra le due sponde del Mediterraneo. Potrebbe portare energia pulita in Europa e sviluppo sostenibile nel continente africano”, diceva sempre nel 2021 la presidente della Commissione europea. 

Un recente studio pubblicato da Banca europea per gli investimenti (BEI), International Solar Alliance (ISA) e Unione africana (AU), con il sostegno del governo della Mauritania, HyDeal e UCLG Africa, mette in luce la grande potenzialità dell’idrogeno in Africa

“Sfruttare l’energia solare dell’Africa per produrre 50 milioni di tonnellate di idrogeno verde all’anno entro il 2035 può aiutare a garantire l’approvvigionamento energetico globale, creare posti di lavoro, decarbonizzare l’industria pesante, migliorare la competitività globale e trasformare l’accesso all’acqua pulita e all’energia sostenibile”, si legge nello studio ‘Africa’s extraordinary green hydrogen potential’.  

Ed è qui che entra in ballo l’Italia, che potrebbe svolgere il ruolo di ponte tra i due continenti.

Foto di Christian Reinke su Pexels

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