Il credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro va in pensione

Bonus adeguamento ambienti lavoro - Foto di Nathan J Hilton da PexelsDal 1° luglio cessa la validità del credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro.

Introdotto dal decreto Rilancio (dl 34-2020), il bonus adeguamento degli ambienti di lavoro è un credito d’imposta pari al 60% delle spese sostenute, per un massimo di 80.000 euro.

Fra gli interventi agevolabili sono compresi:

  • quelli edilizi necessari per il rifacimento di spogliatoi e mense, 
  • per la realizzazione di spazi medici, ingressi e spazi comuni, 
  • per l’acquisto di arredi di sicurezza, nonché in relazione agli investimenti in attività innovative, ivi compresi quelli necessari ad investimenti di carattere innovativo quali lo sviluppo o l’acquisto di strumenti e tecnologie necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa e per l’acquisto di apparecchiature per il controllo della temperatura dei dipendenti e degli utenti. 

Cessione del credito

I soggetti aventi diritto al credito d’imposta possono optare per la cessione, anche parziale, del credito stesso ad altri soggetti, inclusi gli istituti di credito e altri intermediari finanziari.

La cessione può riguardare esclusivamente la quota del credito relativa alle spese effettivamente sostenute, nei limiti dell’importo fruibile. 

Le modifiche introdotte dalla Manovra 2021

Inizialmente previsto fino a fine 2021, il credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro vede restringere i tempi a disposizione con la Legge di bilancio. 

La Manovra modifica innanzitutto il termine indicato per utilizzare l’agevolazione fiscale stabilendo che il bonus non sarà più utilizzabile nell’anno 2021, ma solo dal 1° gennaio al 30 giugno 2021.

Si modifica anche il termine precedentemente previsto per esercitare l’opzione della cessione del credito, prevedendo che i soggetti beneficiari del credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro possono optare per la cessione dello stesso fino al 30 giugno 2021.

Di conseguenza, si riduce di 1 miliardo di euro l’autorizzazione di spesa prevista per la copertura degli oneri (pari a 2 miliardi) derivanti dall’applicazione del credito d’imposta.

Le risposte ai dubbi sul bonus per l’adeguamento degli ambienti di lavoro

Il documento di riferimento per capire come funziona il bonus è rappresentato dalla circolare n. 20 del 10 luglio dell’Agenzia delle Entrate, che ha definito l’ambito oggettivo e quello soggettivo di applicazione del credito d’imposta, modalità, termini e le opzioni di utilizzo.

Successivamente, il Fisco ha risposto ad alcuni dubbi relativi alla misura. 

Il bonus non vale per l’acquisto di un nuovo ascensore

Rispondendo a una società che intende acquistare un quarto ascensore da destinare allo stabile in cui svolge l’attività, l’Agenzia ha chiarito che tale acquisto non può rientrare tra quelli che danno diritto al bonus: le prescrizioni anti-Covid prevedono solo la regolamentazione dell’uso degli impianti esistenti, non imponendo alcun incremento delle unità per la riapertura delle attività commerciali in sicurezza, ha chiarito nella risposta 361/2020.

Il bonus non vale per locali extra

Il titolare di un locale che vuole fare diversi lavori fra cui adeguare un porticato esterno per renderlo utilizzabile anche d’inverno, realizzare un vano seminterrato da destinare a deposito, creare una nuova zona esterna per la stagione estiva, non può utilizzare il credito d’imposta adeguamento ambienti di lavoro. Tali lavori, infatti, non rientrano tra quelli necessari al rispetto delle prescrizioni sanitarie, spiega il Fisco nella risposta n. 545/2020.

Il codice da riportare nel modello F24

Con la risoluzione n. 2/E dell’11 gennaio 2021 è stato istituito il codice tributo per l’utilizzo in compensazione, tramite modello F24, del credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro: si tratta del codice “6918” denominato “Credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro – articolo 120 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34”.

Le opere che rientrano nel bonus e quelle escluse

Con la risposta n. 322 del 10 maggio 2021 l’Agenzia delle entrate torna sul credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro rispondendo al quesito posto da una società a prevalente partecipazione pubblica che gestisce un quartiere fieristico. La richiesta di chiarimento riguarda nel dettaglio le opere intraprese o da intraprendere per:

  • l’installazione di nuovi portoni per favorire il ricambio d'aria e il deflusso dal padiglione più utilizzato del quartiere fieristico
  • la realizzazione di un nuovo varco per facilitare l’uscita regolata dei partecipanti e il distanziamento interpersonale attraverso opere edili e di carpenteria che prevedono la costruzione di una nuova rampa di accesso
  • la ristrutturazione di un locale precedentemente utilizzato per altro scopi, per renderlo funzionale alla registrazione dei partecipanti a convegni mediante opere edili e di impiantistica. L'intervento, sostiene l’istante, è finalizzato a garantire il distanziamento tra il personale della fiera e i partecipanti agli incontri organizzati nella sala dedicata ed evitare l'accalcamento nell'area di accesso alla sala.

Secondo l'Agenzia delle entrate il beneficio spetta per le prime due tipologie di interventi descritti, ossia le nuove aperture per favorire il ricambio dell’aria e il deflusso dal padiglione e la realizzazione di una rampa di accesso, perché entrambi favoriscono il ricambio dell’aria, il distanziamento sociale, evitano gli assembramenti e creano percorsi separati per l’entrata l’uscita dall’area fieristica, tutte opere rispondenti alle linee guida sopra richiamate.

Non lo sono, invece, le spese per la ristrutturazione della sala, che prevede il rifacimento dei pavimenti, degli impianti e l’apertura di un nuovo ingresso, opere non prescritte dalle suddette linee guida.

Dal 1° luglio il bonus per l’adeguamento degli ambienti di lavoro va in pensione

Terminata la sua funzione, dal 1° luglio 2021 quindi il bonus esce di scena, e di conseguenza anche il relativo codice tributo. A stabilirlo, la risoluzione n. 43 del 22 giugno 2021 dell'Agenzia delle entrate.

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