Chi sta davvero beneficiando del superbonus? I dati dell’Osservatorio conti pubblici italiani

 

Photocredit: Free-Photos en PixabaySecondo una recente ricerca dell'Osservatorio diretto da Carlo Cottarelli, finora il superbonus sarebbe stato usato soprattutto da famiglie abbienti del centro nord. Un dato che, unito agli ingenti costi per lo Stato e ai risultati ambientali ancora da valutare, solleva dubbi sull’utilità complessiva della misura. 

A che punto siamo con la proroga del superbonus?

Mentre si discute sulla nuova proroga del superbonus, i dati raccolti dall’Osservatorio conti pubblici italiani (OCPI) dell’Università Cattolica di Milano impongono una riflessione complessiva sulla misura sia in termini di equità (di portafoglio e territoriale), sia di impatto su debito pubblico e ambiente, portando a chiedersi se il gioco valga davvero la candela.

Dopo una ricostruzione attenta della nascita della misura e delle sue evoluzioni (rifinanziamenti, proroghe e semplificazioni), i ricercatori dell’Osservatorio (Luca Brugnara e Giacomo Ricciardi) elencano infatti uno alla volta i dati finora disponibili sull’impiego della maxi agevolazione, identificando quattro criticità.

A beneficiare del superbonus sono soprattutto il Centro-Nord e le famiglie abbienti

Dopo una partenza stentata - dovuta principalmente alle complessità burocratiche - da qualche mese il superbonus ha iniziato a volare. Rispetto infatti ai dati iniziali che mostravano una richiesta da parte soprattutto di unità immobiliari unifamiliari (solitamente possedute da famiglie a reddito più alto), di recente sono quadruplicate le richieste da parte dei condomini.

Ma i numeri finora a disposizione mostrano comunque un impiego del bonus assai diverso in termini di ceto e territorio.

Grazie ai dati dell’ENEA che fornisce la suddivisione dei fondi anche per tipo di edificio, la fotografia che emerge è la seguente. “Oltre l’86% degli interventi ammessi a detrazione riguarda edifici unifamiliari o in unità immobiliari funzionalmente indipendenti. È ragionevole ipotizzare - affermano quindi i ricercatori - che queste abitazioni siano più frequentemente abitate da persone con reddito medio-alto, e che dunque siano le famiglie più abbienti ad aver beneficiato maggiormente delle agevolazioni”.

Certo, proseguono Brugnara e Ricciardi, l’investimento medio è più alto per lavori condominiali (558 mila euro contro i 102 e 94 mila euro rispettivamente per gli edifici unifamiliari e le unità immobiliari funzionalmente indipendenti). Ma “la percentuale di tali lavori è molto meno rilevante rispetto a quelli delle altre due categorie di edifici”.

Se poi si aggiunge che “per usufruire del bonus occorre avere un amministratore di condominio efficiente e spesso accade che gli immobili abitati da famiglie con reddito basso siano prive di amministratore”, mentre il problema non sussiste per gli immobili indipendenti, “è ragionevole pensare” che le famiglie che abitano in villette e affini “avrebbero utilizzato le agevolazioni disponibili anche in caso di detrazioni al 65%. Il che significa - concludono i ricercatori - che lo stesso obiettivo di efficienza energetica sarebbe stato ottenuto con un costo molto minore per lo Stato”.

Dubbi sull’equità della misura sorgono anche “a livello regionale, dove sembra che le regioni in ritardo di sviluppo fatichino a gestire il processo in maniera efficiente. Utilizzando come proxy di efficienza la percentuale di lavori già completati tra quelli ammessi a detrazione, regioni come Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna risultano in testa, chiara indicazione che le tempistiche relative agli investimenti del superbonus viaggino su binari territorialmente separati”, concludono i ricercatori.

Per approfondire: come funziona il modulo CILA superbonus che facilita gli interventi?

Il superbonus assicura davvero ad un risparmio energetico?

Più complessa l’analisi sull’effettivo risparmio energetico prodotto dalla misura. Ad esempio “sarebbe utile sapere (sulla base dei dati che gli utenti hanno fornito all’ENEA) qual è il costo del superbonus per unità di C02 risparmiata”, scrivono i ricercatori.

“Vi è inoltre evidenza, sin qui solo aneddotica”, proseguono i due, “che in molti casi sono stati effettuati interventi che hanno portato a miglioramenti modesti in termini di risparmio energetico”. Sarebbe quindi “opportuno avere un’informazione pubblica sull’esito dei controlli a campione previsti dalla legge per capire se l’utilizzo del superbonus sia in linea con i requisiti previsti dalla legge”.

Il 110% porta ad una spesa troppo “allegra”?

Infine la quarta criticità, non da poco, riguarda l’effetto del superbonus sui conti pubblici. Potremmo infatti trovarci davanti ad un classico esempio diazzardo morale” che porta imprese e cittadini a non preoccuparsi di contenere i costi, visto che paga tutto lo Stato.

Anzi, proseguono i due, visto che “il meccanismo dei massimali per tipologia di intervento non sembra essere abbastanza robusto ed è aggirabile con l’aiuto di tecnici compiacenti”, potrebbero non essere pochi i casi in cui vengono gonfiate le spese per “ripartirsi il denaro così sottratto ai contribuenti”.

Una situazione resa ancora più critica dall’attuale aumento dei costi delle materie prime che sta “facendo aumentare il prezzo degli interventi” e che porta a chiedersi “se da parte dei proprietari di case non vi sia una eccessiva tolleranza nei confronti di questi aumenti, dal momento che essi sono sostenuti dallo Stato”. 

Per approfondire: cosa ha fatto finora il governo per il caro materiali?

Consulta la ricerca di OCPI sul superbonus

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