ADR1EN rimuove i detriti spaziali con i contributi Horizon 2020: SME Instrument-fase 2

 

Italia Dallo Spazio (NASA, International Space Station, 07/26/14)Solo 3 aziende italiane sono riuscite ad ottenere i finanziamenti europei per le Pmi alla prima scadenza.

Gli inglesi con 10 progetti sono stati i più numerosi.  Cosa fare quindi per superare la fase 2 ‘Innovazione’ dello Strumento per le PMI del programma Horizon 2020? Ce lo spiega Roberto Landò, responsabile R&D del progetto ADR1EN.

Stam Srl è una delle tre imprese italiane selezionate dalla Commissione Ue nell’ambito della scadenza (cut-off date) del 9 ottobre 2014, relativa alla fase 2 dello SME Instrument, che finanzia attività di ricerca e innovazione con contributi fino a 2,5 milioni di euro, incrementati fino a 5 milioni di euro per i progetti in ambito sanitario.

L’azienda genovese è stata selezionata con il progetto ADR1EN, presentato in consorzio con due pmi polacche, OptiNav e SKA Polska.

Stam Srl, fondata a Genova nel 1997, lavora nel campo della ricerca e dello sviluppo, con particolare attenzione ai seguenti ambiti: aerospazio, sicurezza, trasporti ed energia. Dal 1999, la società collabora con l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), nella fornitura (technology provider) e trasferimento di tecnologie (technology transfer). Nel dettaglio, Stam Srl è in grado di supportare le attività di progettazione, sviluppo, ingegnerizzazione, prototipazione e produzione di un prodotto, seguendone l’intero ciclo di messa a punto.

In cosa consiste in vostro progetto?

L'obiettivo del progetto ADR1EN, First European System for Active Debris Removal with Nets, è lo sviluppo di un sistema per la rimozione attiva di detriti spaziali tramite reti appositamente progettate. L'idea è stata inizialmente studiata grazie a un contratto con l’ESA, all’interno dell’iniziativa CleanSpace. A seguito di una lunga ricerca, abbiamo identificato nello SME Instrument il mezzo di supporto finanziario più efficace per avvicinare la tecnologia al mercato. Il sistema ADR1EN è studiato per rimuovere i detriti spaziali che hanno maggiore rischio di produrre altri detriti, evitando un’escalation catastrofica, che nel giro di pochi decenni potrebbe rendere inutilizzabili molte orbite intorno alla Terra, la cosiddetta sindrome di Kessler.

Nello specifico, il target è rappresentato dai detriti con massa superiore a 1 tonnellata e dimensione maggiore di un metro, che orbitano ad una quota di 600-1.200 km vicino alla regione polare. Il concetto di base è recuperare i detriti utilizzando una rete in materiale idoneo e con una tecnologia analoga a quella usata sulla Terra per la cattura degli animali. Il progetto mira a soddisfare la necessità crescente di implementare la sicurezza delle strutture spaziali nei confronti di un enorme numero di detriti in orbita senza controllo intorno alla Terra.

Come siete venuti a conoscenza dello SME Instrument?

Avendo in passato collaborato sia con l’Agenzia per la Promozione della Ricerca Europea (APRE) che con la Commissione europea, essere messi al corrente di questa forma di finanziamento è stato naturale. Avvicinarsi alla regolamentazione, sia nella prima che nella seconda fase, è stato inizialmente difficile, ma grazie al supporto di APRE ed alla nostra approfondita conoscenza della problematica dei detriti spaziali siamo riusciti a sviluppare una proposta vincente.

Quali passi avete dovuto seguire per accedere alla fase 2?

Innanzitutto è opportuno chiarire che nel nostro caso non è stato necessario utilizzare la fase 1 dello SME Instrument, perché il nostro progetto è già in uno stato sufficientemente avanzato che ci ha consentito di accedere direttamente alla fase 2.

Due sono i passi fondamentali che abbiamo seguito per accedere alla fase 2. Prima di tutto abbiamo definito con chiarezza gli obiettivi del progetto, i presupposti scientifici e commerciali, e le attività necessarie. Inoltre, abbiamo individuato il consorzio che ci garantisse le maggiori probabilità di successo, individuando partner internazionali e attori chiave, quali Thales Alenia Space.

Quali difficoltà avete incontrato?

Non si può dire che le difficoltà incontrate siano state insuperabili, pur ammettendo che l'ambiente è molto competitivo; il fatto che in media una proposta su 20 venga finanziata potrebbe scoraggiare molti. Se a questo si aggiunge che in Italia le proposte finanziate sono state solo 3 sembra quasi impossibile. Come per ogni cosa l’importante è stato accettare la nuova sfida, rappresentata dallo SME Instrument, con determinazione. Questo, e la passione di tutti i partner del consorzio verso il tema ‘spazio’, ha fatto si che le difficoltà venissero sempre affrontate con grande impegno.

Quali sono i benefici a cui avete avuto accesso?

I benefici ai quali abbiamo avuto accesso partecipando ad una simile iniziativa sono molteplici. Il fatto essere a capo di un progetto che ha avuto l'approvazione delle Commissione europea ci garantisce maggior credibilità verso partner e fornitori. Il contributo economico ci ha consentito di utilizzare il supporto di attori internazionali in genere non facilmente accessibili ad una Pmi. Nel dettaglio, il finanziamento per questo progetto è pari al 70% del costo totale, che si aggira sui 2 milioni di euro.

Da un punto di vista strategico risulta inoltre di estremo interesse il possibile accesso alla fase 3 in cui la Commissione europea si impegna, in caso di successo della fase 2, a facilitare l'accesso a capitale di rischio attraverso la Banca Centrale Europea (BCE).

Quali sono i prossimi passi?

I passi previsti a breve consistono nel completare la negoziazione del contratto con la Commissione e nel definire un accordo di collaborazione con gli altri partner del progetto. Successivamente verrà avviato ufficialmente il progetto attraverso un primo incontro (kick off meeting) che si terrà a Genova.

Le attività proseguiranno a ritmo serrato fino alla prima valutazione intermedia (mid-term assessment) che si svolgerà indicativamente a inizio 2016. In base ai nostri programmi dovremmo essere in grado di ultimare la fase 2 in due anni e predisporci alla fase di commercializzazione già nel 2017.

Photo credit: NASA's Marshall Space Flight Center / Foter / CC BY-NC

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