I progetti di rigenerazione urbana nel Recovery plan: attivi già due bandi

 

Photocredit: Vlad Chețan from PexelsMentre Comuni e governo discutono sulla gestione dei fondi del PNRR, i ministeri confermano che molti dei fondi per la rigenerazione urbana saranno distribuiti tramite bandi già attivi. Si tratta di risorse in parte aggiuntive e in parte sostitutive.

Cosa prevede il Recovery Plan di Draghi: risorse, mission, progetti e riforme

Nel Piano nazionale per la ripresa e resilienza (PNRR) inviato qualche giorno fa a Bruxelles non potevano mancare cospicue risorse per la rigenerazione urbana delle città italiane. Tra valorizzazione in chiave green del nostro patrimonio pubblico edilizio e interventi di riduzione di  fenomeni di emarginazione e degrado sociale, infatti, la rigenerazione urbana gioca un ruolo chiave per avere un’Italia più sostenibile ed inclusiva.

Non sorprende quindi che la quota di fondi per la rigenerazione urbana (9,02 miliardi) sia la componente più cospicua di quegli 11,17 miliardi di euro destinati alle infrastrutture sociali dalla componente 2 della missione 5 (M5C2) del Piano.

Tre le linee di investimento previste sul tema dal Recovery plan:

  • Progetti di rigenerazione urbana volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale (3,30 miliardi);
  • Il Programma innovativo della qualità dell’abitare (2,8 miliardi);
  • I Piani Urbani Integrati (2,92 miliardi).

A questi si aggiunge poi una riforma per il superamento degli insediamenti abusivi per il contrasto al caporalato e allo sfruttamento dei lavoratori.

Anche se nelle pagine ufficiali del Piano non è del tutto esplicitato, per i primi due interventi la macchina di selezione dei progetti è in realtà già in moto. Nel primo caso, infatti, si pescherà tra i progetti che verranno selezionati da un bando del ministero dell’Interno, mentre nel secondo da quello per la qualità dell’abitare in capo al MiMS.

Cosa prevede il Testo unificato sulla Rigenerazione urbana

Rigenerazione urbana contro emarginazione e degrado

Con i suoi 3,3 miliardi, il primo pilastro del PNRR per la rigenerazione urbana intende “fornire ai Comuni (con popolazione superiore ai 15mila abitanti) contributi per investimenti nella rigenerazione urbana” per “ridurre le situazioni di emarginazione e degrado sociale nonché migliorare la qualità del decoro urbano oltre che del contesto sociale e ambientale”, si legge nel Piano. Diverse le tipologie di azione previste:

  • La manutenzione per il riutilizzo e la rifunzionalizzazione di aree pubbliche e strutture edilizie pubbliche esistenti a fini di pubblico interesse (inclusa la demolizione di opere abusive eseguite da privati); 
  • Il miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale e ambientale, anche attraverso la ristrutturazione edilizia di edifici pubblici, con particolare riferimento allo sviluppo di servizi sociali e culturali, educativi e didattici, o alla promozione di attività culturali e sportive;
  • Interventi per la mobilità sostenibile.

Si tratta però di risorse quasi tutte sostitutive e solo in parte minore aggiuntive. La misura, infatti, è stata in realtà prevista dalla legge di bilancio 2020 con uno stanziamento (tra il 2021 e il 2034) di 8,5 miliardi di euro. Di questi 2,9 miliardi (anni 2021-2026) - conferma il ministero dell’interno - sono confluiti nel PNRR, a cui il Recovery ha aggiunto ulteriori 400 milioni di risorse aggiuntive, per un totale appunto di 3,3 miliardi di euro.

Una scelta dettata probabilmente sia da ragioni di sostenibilità dei conti pubblici, sia dalla necessità di disporre il prima possibile di un parco progetti da realizzare in tempi stretti. Il primo bando della misura, infatti, è stato già pubblicato in primavera ed altro non è che quello degli Interni, chiusosi il 4 giugno

Programma innovativo della qualità dell’abitare 

Altri 2,8 miliardi (dei 9 complessivi) stanziati per la rigenerazione urbana dal Piano sono stati destinati, invece, all'edilizia residenziale pubblica per ridurre le difficoltà abitative nel nostro Paese.

L’investimento si articola in due linee di intervento, da realizzare senza consumo di nuovo suolo:

  • La riqualificazione e aumento dell'housing sociale, ristrutturazione e rigenerazione della qualità urbana, miglioramento dell'accessibilità e della sicurezza, mitigazione della carenza abitativa e aumento della qualità ambientale, utilizzo di modelli e strumenti innovativi per la gestione, l'inclusione e il benessere urbano;
  • Interventi sull’edilizia residenziale pubblica ad alto impatto strategico sul territorio nazionale.

Anche in questo caso, in realtà, i progetti saranno probabilmente quelli del bando per qualità dell’abitare, gestito in questo caso dal ministero delle infrastrutture (MiMS). La conferma in questo caso è arrivata per bocca dello stesso ministro, Enrico Giovannini che in una recente intervista a Il Messaggero ha infatti confermato che “quasi 2 miliardi andranno invece alla riqualificazione residenziale pubblica per finanziare progetti validi già presentati nell'ambito del bando per la qualità dell'abitare, che però aveva una copertura limitata”.

In effetti il bando chiusosi il 16 marzo ha avuto un successo notevole. Il ministero ha infatti confermato che i progetti arrivati sono 290, per un totale di 4,5 miliardi di richieste di finanziamento. Troppi rispetto alla pur sostanziosa dotazione del bando (853 milioni) a cui quindi dovrebbe arrivare in soccorso il Recovery con altri 2 miliardi di euro.

Piani urbani integrati per le periferie

Infine i restanti 2,92 miliardi di euro sono stati destinati ai Piani urbani integrati, un intervento ”dedicato alle periferie delle Città Metropolitane” che “prevede una pianificazione urbanistica partecipata, con l’obiettivo di trasformare territori vulnerabili in città smart e sostenibili, limitando il consumo di suolo edificabile”, si legge nel testo.

Il progetto prevede inoltre una specifica linea di intervento da 200 milioni di euro, riservata al recupero di soluzioni alloggiative dignitose per i lavoratori del settore agricolo, in esecuzione del piano strategico contro il caporalato in agricoltura e la lotta al lavoro sommerso varato nel 2020.

Infine è prevista una specifica dotazione finanziaria in favore di un Fondo Tematico dedicato al settore della rigenerazione urbana, da costituire nell’ambito del Fondo di fondi gestito dalla BEI. Il Fondo - si legge nei documenti ufficiali del Recovery - sarà dedicato a supportare, con prestiti a basso interesse, progetti di rigenerazione urbana a lungo termine come mezzo per favorire l'inclusione sociale e combattere varie forme di vulnerabilità, aggravate dall'emergenza della pandemia da Covid-19, in particolare attraverso l’attrazione di finanziamenti privati nei progetti di risanamento urbano, promuovendo l’uso di metodologie di design e pianificazione partecipative basate su un continuo dialogo pubblico-privato. Per essere più specifici, grazie al Fondo saranno promossi interventi come:

  • Il miglioramento della gestione dell'energia e dell'efficienza energetica;
  • L’aumento dell'uso di energia rinnovabile;
  • La riconversione di edifici in disuso, compresi quelli residenziali, per nuovi usi sostenibili;
  • La riconversione di aree industriali e degradate;
  • Il miglioramento della mobilità verde e sostenibile;
  • La transizione verso il trasporto urbano elettrico, intelligente e sostenibile.

Visto il probabile, ulteriore passaggio con la BEI, il periodo di attuazione di questa linea di intervento previsto nel cronoprogramma è stimato entro il primo semestre del 2026.

Consulta il Piano nazionale ripresa e resilienza

Photocredit: Vlad Chețan from Pexels

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